Teatro

Aida

Ho pensato a questa Aida come ad un viaggio dove si mescolano prosa e canzoni, in cui trovano posto le parole, il musical, la chanson, la fiaba.
Tutti insieme ci portano al grande circo dell’Aldilà. È un’Aida a brandelli, dilaniata, lacerata, un’Aida che ha perso tutto tranne la voce per gridare il suo amore per Radamès, pupo guerriero e Blade Runner. Le resta solamente una disperazione fuori moda e una gelosia da operetta da condividere con la schizofrenica Amneris su una ribalta di avanspettacolo.
L’Amore qui trova spazio e forma in corpi maschili instabili e si racconta come un fiume in piena, unica certezza per tutti i personaggi.
In questa Aida contemporanea ognuno si aggrappa a ciò che può per non essere travolto: Radamès alla sua lingua immaginaria, gramelot che mescola echi di poemi cavallereschi e turpiloquio, Amneris al suo incedere incerto e fragile
di esemplare umano sempre sul punto di cedere, Aida al circo che si porta dentro, pieno di scheletri nell’armadio e clown crudeli, il Domatore alle bestie Dissidenti, Volpi egiziane di uno Stato dissoluto, eco di una grandezza da tempo tramutata nella menzogna e nella volontà di potere.
C’è una straziante fragilità in questa regina prigioniera Aida, a cui non resta più nulla, per cui i concetti di Dio e Patria  trovano senso solo in un Circo che tutto mescola senza ritegno. Ma al circo si può tornare bambini e per poco sedersi a guardare, insieme ai fantasmi, quello che siamo diventati.
Poi via di corsa, la musica ricomincia e con lei dobbiamo tornare tutti alle Grandi Danze.