Cinema

Angela

Angela-scena-al-Mercato-del-Capo

Una torrida storia d’amore nelle strade mafiose di Palermo , una coreografia di sguardi e gesti in omaggio a una donna di terribile umanità … ”
La cinepresa vaga su un mondo sfocato dove improvvisamente emerge una forte presenza definita di una donna oscura. È così facile ed è magnifico. La semplice eleganza del movimento dell’obiettivo, la correttezza dei colori, la calma evidenza della metafora e, soprattutto, la sorprendente presenza di questa donna spalancano le porte a questo film.
Si chiama Angela nel film. Donatella Finocchiaro è il nome dell’attrice, è il suo primo ruolo. Brilla incredibilmente dall’inizio alla fine, con lo splendore di una stella senza artificio, filmata con rara sensualità che rivela per un istante la sua bellezza solo per diluirla immediatamente nel quotidiano, per poi celebrarla di nuovo in una chiave diversa. È tutto nello sguardo nei suoi occhi, la finezza e l’intensità con cui Roberta Torre rende Angela un’eroina, la vicina di casa, una donna d’affari, una bomba sessuale, una rispettabile borghesia, un idiota sentimentale, una tragica figura.

Un essere umano …
E questo vale anche per tutti gli altri elementi del film. Alcune parole all’inizio del film dicono che si basa su una storia vera. La storia di un legame adultero tra la moglie di un importante trafficante di droga di Palermo e uno dei suoi complici, e del modo in cui la polizia ha cercato di usare la relazione per distruggere la rete. Una storia vera? Nessun dubbio. Ma anche la trama di un film noir, una storia d’amore infuocata, una poesia dedicata alle strade secondarie di Palermo, di una cronaca della vita quotidiana divorata dalla cancrena della tratta e della corruzione.
Masino guarda l’arrivo tra le bancarelle del mercato della bella. Questo è Masino, il modo in cui il cavaliere attraversa la moglie del re, mentre un po ‘pretenzioso teppista mette il cappello sulla donna del capo, il suo protettore. Guarda il più a lungo possibile nell’estrema penombra orchestrata da Roberta Torre, quelle albe in cui si fondono storia poliziesca e poesia. Le luci e le ombre sono troppo forti, il sole e la pioggia troppo violenti, il desiderio fisico, la legge di quel mondo, lo sciovinismo maschile sono come gatti selvatici, lasciati liberi, per inseguire. Nessuno li domerà mai, né i banditi, né i poliziotti, né gli amanti.
Non ci vorrebbe molto per farci dire che avevamo visto questo cento volte. Sarebbe vero, eppure, proprio come un innamorato, quando Roberta Torre filma è sempre la prima volta … Anche nel suo primo film, l’incredibile commedia musicale To Die for Tano che il regista, che vive a Palermo, aveva già mostrato la sua capacità di filmare stereotipi e convenzioni in modo diverso. Questa volta, inventa una coreografia di mani, sguardi, imitazioni che costruiscono delicatamente un bellissimo tributo a ciò che resiste e ciò che si rompe in un essere umano.
Jean-Michel Frodon, Le Monde

” … immergendola in una cornice di realismo assoluto. .. allo stesso tempo caratterizzato da un nuovo stile sviluppato, estremamente consapevole e molto maturo. Quasi come un film di Sautet, girato da Abel Ferrara (o Wong Kar-wai di In the Mood for Love) e con l’attenzione al quotidiano degno di Cassavetes, ai gesti, al non detto … Eppure non lo faremmo L’originalità di Torre è un servizio, il suo film dominato dalla bellezza torbida e sensuale dell’attrice emergente Donatella Finocchiaro, una vera scoperta che, nei vagabondaggi di Angela, i suoi movimenti lenti e studiati, nel suo tremore quasi impercettibile, nelle languide scene d’amore, mostra rara concretezza , verità, fisicità … Ben servito con partner come Andrea Di Stefano (Masino, il suo seduttore) e Mario Pupella (Saro, suo marito) e un cast di attori non professionisti si sono mossi con grande abilità. Mentre Roberta Torre lavora “per portar via” con la precisione di un gioielliere e spinge la macchina fotografica di Daniele Ciprì, ammirevole direttore della fotografia, sui volti magri degli uomini, di interni cupi e trascurati, per le strade di Palermo con la complicità di curiosità e stupore allo stesso tempo, di un grande antropologo. Senza mai imporre all’universo della mafia una visione giudicante esterna, se non nell’indispensabile chiusura in … tutto visto “in scatti soggettivi” da Angela e la sua famiglia. Fino a quel finale che, dissolvendo la famiglia e lasciando la cerchia della mafia, restituisce Angela al mondo (al nostro mondo) … Un tipo di cinema che ci dà la speranza di nuove strade … ”

Fabio FerzettiIl Messaggero

 

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